Thursday, December 15, 2011

L'impostura: oltre verità e menzogna

The Yes Men fix the world non è solo un documentario volto ad individuare le responsabilità delle multinazionali nell'applicazione rigorosa della teoria fridmaniana del libero mercato sulle speculazioni precedenti o seguenti le catastrofi (come quelle di Bhopal o New Orleans). Non è neanche solo una serie di candid camera che dimostrerebbero la facilità di prendersi gioco dei rappresentanti delle sopra riportate, proponendo progetti assurdi (qui a fianco la locandina presenta una tuta anti-catostrofi, appunto) - sotto il segno dei profitti sul terrore e in generale sugli attentati alla vita.

Il film è certamente tutto questo, a patto di intenderlo primariamente o segretamente (ma ormai per questo blog i due avverbi si avviano verso un percorso di sinonimia) come una riflessione sul senso del "cambiare il mondo" attraverso la culture jamming. Il tutto avviene nel film soprattutto ma non esclusivamente dal piedistallo e il microfono di un palco per conferenze (ma anche da un collegamento in un telegiornale e da una pubblicazione contraffatta del NY Times). Tale luogo è infatti attributario chissà perché di una veridicità della parola propria a colui che proferisce il discorso, al pari del nome della persona e del suo ruolo. Per esempio, gli Yes men si spacciano per qualche minuto per un rappresentante della multinazionale in questione e annunciano misure anti-profitto: rimborso alle vittime, apertura di quartieri popolari chiusi senza motivo... Attraverso questa messinscena, imbroglio, questa bufala ("hoax" in inglese racchiude questo campo semantico), attraverso queste false vesti, anche il discorso più giusto viene dapprima incoronato come tale, "preso" come tale, come giusto, come una buona notizia, e poi, una volta scoperto,  sottoposto paradossalmente all'etica del dover "dire il vero". L'incriminazione è quella di aver detto ad esempio di essere un membro della Essox né un qualche assistente della Departement of Housing americana, allorché si è un semplice attivista; l'aver gabbato così anche le vittime dei disastri.

Si potrebbe dire che il discorso degli attivisti è uno speech act: il suo dire non è "vero", non è in regime di verità né di falsità, poiché il suo dire è un fare. Il gabbo, sotto forma di annuncio, è dunque effettivo. "Faremo questo: rimborseremo le famiglie dei morti sul lavoro per esempio con un po' dei nostri miliardi di dollari di profitto".Il senso però del "giusto" di una tale azione è più che una "promessa": la speranza e l'attesa di un tale atto sono entrambi dovuti alla realizzazione di ciò che è giusto, ciò che è dovuto. Nel contempo, un gesto giusto spinge inconsciamente le persone che ne sono gabbate, dunque non solo le vittime, ma tutti gli astanti, a rinnegare il principio friedmaniano del profitto a tutti i costi (un ipersmithismo che pretende il mondo ordinarsi liberamente) e dunque a volere un mondo migliore.

Il proclamo è dunque al di là di verità e menzogna, come al di là dell'atto linguistico. Si tratta in effetti di un hoax. Nessun atto linguistico è all'opera davvero. Ma esso compie, in particolare dopo lo smascheramento, un regime di verità che ammicca alla realizzazione di un mondo più giusto (come in questo hoax qui di lato). 
In regime di impostura una "scelta" a monte è certo già compiuta: è giusto che la guerra termini subito? Milton Friedman ha davvero torto? Non si tratta allora soltanto di giocare sulle speranze della gente? Il fatto che tutti vogliono questo, che la notizia sia sentita come una grande notizia prima della smentita, non significa semplicemente che ciò che è in gioco è il sentirsi sollevati, e non il difficile compromesso con i problemi del presente, su cui l'amministrazione Obama (fonte di speranza alla fine del film) sembra si sia impelagata oggi, a tre anni buoni dal film?

Nell'impostura, finalizzata, strategica, non c'è traccia di problemi assiologici o teorici. Si tratta di credere nella giustizia e di operarla sul piano di un linguaggio che denuda il sentimento del giusto.
Cionondimeno, la sua tesi starebbe nella reazione delle vittime stesse, che dovrebbe bastare da sé: dagli indiani agli sfrattati, ai lettori di NY. Questo va al di là della temporalità delle aule di giustizia e forse della stessa politica. Il "sentimento" del giusto ha il tempo di una vita, di un lutto, di un abuso: converge nel risentimento dell'oppresso. Oggi, l'impostura raccoglie la giustizia dietro la menzogna. Della verità non resta che lo spacciarsi per essa.



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Sappho

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"Morremo. Il velo indegno a terra sparto,/ rifuggirá l’ignudo animo a Dite, / e il crudo fallo emenderá del cieco / dispensator de’ casi. E tu, cui lungo / amore indarno, e lunga fede, / e vano d’implacato desio furor mi strinse,/ vivi felice, se felice in terra / visse nato mortal" (G. Leopardi, Ultimo Canto di Saffo)

Sehnsucht

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