Sunday, April 19, 2009

L'evento tra incontri mondani e ontologia.

L'evento apre lo spazio del possibile. Deleuze vedeva appunto nel '68 questa voyance, la possibilità del vedere, del vedere altrimenti. La filosofia continentale contemporanea, nutrita di Kierkegaard, sia dal lato heideggero-derridiano sia da quello lacanio-deleuziano ha sempre più trasformato il possibile in evento, che indica innanzitutto Öffnung, béance, apertura. Prima di essere progetto di un futuro, è una stasi del possibile, il momento in cui il possibile si diffonde come possibile e non come calcolo del possibile. Lo scegliere è ontologicamente inutile nell'accadere dell'evento.

Tanto si è detto, e in modo interessante, sull'evento, e tanto resta però da dire. Al confronto, queste parole sembrano scorrere via come acqua piovana.
Eppure, l'evento non può garantire il suo carattere evenemenziale senza una copertura subitanea. Senza un ritorno di ciò che è la celerità nel suo darsi, l'appesantimento del suo chiudersi in un non-evento, una possibilità di essere non-evenemenziale. L'evento richiede una sua maîtrise, come richiede una expertise ma non nel suo accadere. L'evento è sempre più docile, a posteriori, di quando lo si vive: la sua elaborazione è postuma e gli è pure dovuta. L'evento deve ricadere, anche solo per volontà di perpetuarsi come e nel possibile, nel ritorno della coscienza.
Vale dunque la pena soffermarci sull'evento? Vale la pena discutere di ciò che è evenemenziale? E' possibile farlo tornandoci sopra senza però sopraffarlo del suo carattere evenemenziale? Non avrebbe forse l'evento una sua temporalità (o forse solo un suo “tempo”, una sua durata), una sua teleologia, che lo porta a prendersi beffe dell'arrivante, colui che sopraggiunge nell'evento (visto che nell'evento non c'è soggetto)?

Non parliamo qui della teoria della verità di Heidegger, l'a-letheia che è anche un Verbergen. Se la verità si copre in Heidegger, è in base all'orizzonte finito dell'essere, che non può darsi completamente, ma secondo un processo di s-velamento, e il cui processo dipende dall'essere stesso.
L'evento che ci interessa è invece il non-evento della ripresa dell'evento, di quell'altro evento, se si vuole, di scoscienza dell'evento. Qualcosa accade; qualcosa mi chiama; sento qualcosa nella mia carne (tre lessici diversi per dire l'evento), l'evento resta il tempo necessario perché io lo riconosca.
Come si vede, contestiamo il carattere straordinario dell'evento.Un evento ordinario, che tuttavia sembrerebbe allora un puro accadimento.

Non essendoci criterio per stabilire cos'è l'evento e cos'è l'accadimento dal punto di vista dell'evento, dato che l'evento appena si verifica non è categorizzabile come evento ma solo (e forse) successivamente situandosi appunto nei possibili che esso ha aperto, l'evento opera, a ritroso, di nascosto, anche quando l'evento non c'è... c'è un continuum della nostra vita, un flusso, che non si arresta davanti all'evento.

“Evento” designa oggi, e così anche nelle altre lingue che conosco, quei “meeting” di persone, tipo fiere ecc., ed è circoscritto a questo. Questo significa anzitutto la sconsiderazione del mondo moderno per la filosofia. Se solo si sapesse della letteratura sull'evento, l'associazione di questo termine alla mondanità, al commercio e al deal, chiederebbe per lo meno una certa precauzione.
"Organizzare l'evento", "managing l'evento", è al meglio un ossimoro, al peggio una contraddizione.
Si può provare a effettuare un legame tra questi due concetti, quello della preparazione e del risultato dell'evento e quello dell'evento stesso, ontologicamente compreso, oppure sono due ambiti vicini solo nominalmente, e in realtà completamente separati nella loro propria venuta?

Sebbene gli 'eventi' non abbiano nulla dell'evento, nulla dell'apertura dei possibili, visto che esso è illimitato per principio, invece gli eventi – già plurale – sono limitati a ciò che è stato fatto, concertato, propinato, appioppato al pubblico, limitato a ciò che è esposto. L'evento mondano è preparato, "serve-a".
E, l'evento ontologico, non dev'essere anche ricucito dalle trame del senso? Non dev'essere anch'esso preparato come evento, per non confondersi con la "sorpresa"?

L'evento lo necessita, necessita una copertura riluttante all'evento stesso: necessita ontologicamente un meeting postumo adibita a realizzare il suo possibile, al fine appunto di conservarlo in un carattere diverso da questa fiera stessa, un carattere perduto e da recuperare al di fuori da questa fiera imbottonata e dai suoi presunti risultati mondani, affaristici o perfino culturali; necessita un inappropriabile di quest'aria di sviluppo imprevedibile che corre negli splendidi saloni e non negli spiriti disincentivati dei faiseurs di concetti.

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Sappho

Sappho
"Morremo. Il velo indegno a terra sparto,/ rifuggirá l’ignudo animo a Dite, / e il crudo fallo emenderá del cieco / dispensator de’ casi. E tu, cui lungo / amore indarno, e lunga fede, / e vano d’implacato desio furor mi strinse,/ vivi felice, se felice in terra / visse nato mortal" (G. Leopardi, Ultimo Canto di Saffo)

Sehnsucht

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Berlinale 2006