
Qualcuno ha mai visto una pubblicità pessimista? Tutti i prodotti ci renderanno la vita migliore, qualunque cosa ciò voglia significare. Forse l’anima del commercio stesso è creare nell’acquirente un desiderio di miglioria, e la pubblicità è il movimento di finzione, ovvero falsità in immagine, immaginazione, fantasia, piacevole per un soggetto che sogna – in fondo la finzione pubblicitaria, diversamente da quella cinematografica, deve necessariamente creare curiosità immediata e pro-tendere il fruitore verso di essa. A queste premesse l’ultima pubblicità di Spike Lee è perfettamente pertinente, anzi ideale. L’utilizzo utopistico e (quasi) mai realizzato della tecnologia, come strumento e non come fine, è alla base dell’immagine presa in considerazione. Il vuoto che lascia la tecnica è riempito da un lato dal pubblico di una piovosa città dell’Occidente, dall’altro dalla proiezione non della finale sportiva di turno, ma di (presumibilmente un messaggio di) Gandhi. Dunque i nuovi mezzi di comunicazione migliorano la nostra vita, perché assolvono con perfezione il compito che spettava loro dall’inizio. E con l’era dell’immagine, non si potrà che incrementare tale stato di cose, poiché tutta la nostra buona umanità sarà perfettamente trasparente a sé nella comunicazione.
Non credo nella cattiveria dell’autore, ma la sua grossolanità di fondo sfocia nella villania. Non è necessario avere conoscenze semiotiche per capire che qui si sta escludendo semplicemente tutto. È certo importante elucubrare sulla natura del segno sempre particolare e equivoco dal contesto di partenza al mezzo di comunicazione fino al pubblico, e le mie riserve sono sul fatto che probabilmente nessuno avrebbe ascoltato Gandhi in questo modo, né che lui pretendesse mai di comunicare come un qualsiasi politico in televisione, ma perché credere che un tale messaggio DEBBA essere ad uso e consumo di tutti, come un evento sportivo o un concerto?
Di fronte alla folla il Mohatma, se ne sta lì, comicamente, appollaiato nel suo maxi-schermo. E per noi anche così continua a rappresentare la sua calma forza che tutto sovverte.
[recensione allo spot Tim di Gandhi, scritta nel 2005 per la partecipazione ad un seminario di critica cinematografica]
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