Saturday, September 14, 2013

La dialettica tra i generi all'interno del medesimo dress code e la dominazione maschile

René Magritte, La Géante.
La tesi che qui si sosterrà tende a mostrare una dialettica del potere. Tale dialettica è derivata e allo stesso tempo occultata dai "costumi" in senso proprio e figurato. Come "arte del collegare due estremi in relazione" senza pur tuttavia che vi sia un terzo momento conciliante che chiuda trionfalmente, messianicamente ed astrattamente il percorso, essa darà luogo ad un'inversione paradossale dei termini che tuttavia lascerà sbucare un contenuto nuovo del pensiero, possibile (perché non si è ancora sviluppato) e reale (perché esso appare veritiero). E' in tale inversione non contiene il potenziale più fecondo del rapporto dialettico, che è infatti contenuto nell'apertura al senso che l'inversione dialettica impone, e nella seguente necessità di rimettere in gioco il reale stesso attraverso la consapevolezza raggiunta.

L'espressione anglofona "dress code" indica il codice vestimentario adottato in un dato luogo. Esso appartiene spesso a delle norme non-scritte, et tuttavia in vigore. Nello stesso luogo si tende ad uniformare il dress code per l'uomo e per la donna all'interno del proprio genere. La questione porta appunto sulla differenza dei codici tra i sessi.
In una banca, l'uomo sarà in giacca e cravatta, la donna in tailleur; in una palestra, l'uomo sarà in pantaloncini e canottiera, la donna sarà ammessa con un pantaloncino magari più corto ed aderente e con un top. Persino tra i creativi la donna può svestirsi di più. A parità di condizioni, alla donna è concessa più nudità che all'uomo. C'è un'unica eccezione, che è estremamente rivelatrice dell'ipocrisia delle convenzioni: il costume da bagno, in cui generalmente la donna copre oltre alla zona genitale anche il seno (se la tendenza è destinata a svanire con il topless pare incerto oggi). In fine, si tende dunque a coprire i segni delle differenze sessuali, come se il petto maschile fosse la condizione normale e il seno femminile un segno della differenza sessuale.
Nella nozione di dress code risiede il limite di ciò che è considerato "decente", e al contempo il permesso per sdoganare delle differenze di genere. Ma chi stabilisce il dress code, i dress code? L'uomo, la donna, entrambi, il buon senso, i luoghi ? 
Abbiamo ottime ragioni per pensare che sia l'uomo la tesi dialettica - che sia stato l'uomo, che per l'appunto "ha spogliato" la donna il più possible spingendola a giocare sulle nudità e accentuandone le differenze (come dimostrano le maggiore varietà di differenze vestimentarie), mentre egli tende ad azzerare verso i propri simili il più possibile le differenze e anzi a limare il corpo degli uomini. Più che di omosessualità chiaramente repressa, temiamo si tratti proprio di una ricaduta dialettica (il vuoto dialettico che spinge ad andare oltre il rapporto dei due termini) dello sguardo su di sé attraverso il presunto sguardo delle donne, che allora hanno tendenza a osservare l'uomo non tanto sulla sua pelle visibile, ma sulla superficie uniformata e occultata dagli abiti, com'è il caso del giacca e cravatta. Il "colletto", poi, e la sua necessità (la differenza tra T-shirt e polo, che è ugualmente la differenza di due dress codes diversi). Il fascino che passa dalla copertura dell'abito è dunque necessariamente maschile, allorché alla donna, in virtù dell'esaltazione delle nudità (o del gioco "vedo/non vedo) a parità di dress code, si potrebbe imputare solo la fantasia vestimentaria, che è in effetti maggiore (tailleur, gonne, pantaloni).

La conclusione che ne traggo è che la dialettica tra uomo e donna rivelata dal dress code comporta una soggezione della donna allo sguardo dell'uomo (tramite la nudità), e allo stesso tempo una purificazione dei tratti somatici del maschio, che, tramite la maggior copertura del corpo, esalta appunto altri caratteri (il volto, lo sguardo, il carisma, e persino il suo abito), che potremmo definire meno fisici e dunque più "morali".

Eppure un egualitarismo del dress code è assolutamente impossibile a realizzare oggi, pena di essere tacciati di semplice eccentricità oppure addirittura omesessualità (per l'uomo come per la donna).
La dialettica di genere eleva lo scontro al sistema di appartenenza, apparentemente in equilibrio.
Oggi pare che solo nell'underground che si possono trovare segni di performazione virtuosa del senso aperto dalla dialettica (nudismo, androginia,...): eppure queste soluzioni appaiono marginali, quasi esistessero per esserle...





Sappho

Sappho
"Morremo. Il velo indegno a terra sparto,/ rifuggirá l’ignudo animo a Dite, / e il crudo fallo emenderá del cieco / dispensator de’ casi. E tu, cui lungo / amore indarno, e lunga fede, / e vano d’implacato desio furor mi strinse,/ vivi felice, se felice in terra / visse nato mortal" (G. Leopardi, Ultimo Canto di Saffo)

Sehnsucht

Sehnsucht
Berlinale 2006