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Vancouver's kiss |
Ho avvertito, uscendo dai bastimenti in cui la ruota accademica, girando senza ragione su se stessa, pretendeva schiacciare l'istinto mio alla ricerca, una specie di stordimento vincere sulla mia intraprendenza, una sorta di metastasi ingiallita che ruminava già, dopo averla inghiottita, un gruppo enzimatico vitale, una sorta di paralisi ai miei arti inferiori mentre negli occhi una gelatina grigia sbiadiva il mondo a me adiacente.
Per un attimo, durato certo il lungo tempo di ricredere nel mio obiettivo, di risollevarmi, di ri-determinarmi verso i nuovi lidi che ancora non conosco, vi è stato un confortante sconfinamento nel sogno dell'uomo comune: un'ansia, presto sopita dal rinsavire, che mi fossi sbagliato, che in fondo la mancanza di ragione che mi fu posta al rifiuto della strada inusitata che avrei voluto imboccare implicando una parte della società civile, potesse segnare l'inizio di un'accettazione.
Mi sono osservato così, come fossi un terzo osservante me stesso, lì, sulla strada. Ogni gesto aveva preso a significare il cambiamento di stato del mio tendere nel desiderio immortale, che in fondo era solo da attestare. Ogni azione sembrava volesse significare l'abbandono di anni di riflessioni, sbavature e pigrizie meste nella rincorsa al Concetto, a ciò che poteva, se afferrato, recare un inno al vero; e nel contempo, ricamando tutt'attorno una serie di stili, progetti abortiti, schizzi sempre sul punto di nascere, riscoperte di velleità che non m'appartennero mai – Lettere che potevano, se tenute salde per il numero di parole necessarie, rendere giustizia alla vittima dell'ingiustizia, a chi vive per altrui senza percepire la propria nobiltà.
Questi pensieri mi balzarono d'improvviso, e m'accontentai di accarezzarli, tali quali si presentarono. Ma non molto dopo, dentro me, come venuto da un genio famelico di vendetta, si sprigionò un sole che prese a vorticare così velocemente attorno ad essi, che dissipò ogni zona d'ombra; il mondo si tinse di nuovi colori sgargianti; la cancrena venne sanata, forse con nuova malattia il cui decorso, foss'anche negativo, dovrò riuscire a procrastinare (o unico languore!) fin quando, come l'amico Heinrich von Kleist, saprò afferrare la bilancia del tempo.